Quando ho conosciuto Evelyn Nericcio mi sono subito chiesta come facesse una sola persona a fare tutte le cose che fa e ad avere tutti gli interessi che ha. Evelyn spazia dallo sport alla docenza, al lavoro in prefettura, alle pubblicazioni, ai premi letterari, al canto con una disinvoltura tale da non sembrare reale. E la cosa bella è che riesce ad eccellere in ogni cosa che fa.
A contraddistinguerla è sicuramente una grande ambizione, che la motiva e le permette di eccellere in ogni campo. “La vita è solo una – mi dice – e cerco di vivere il maggior numero di esperienze possibili”.
Cara Evelyn, le attività che ti vedono impegnata sono davvero tantissime. La tua professionalità multiforme ti fa spaziare dal campo artistico, a quello sportivo, a quello letterario e pedagogico. Per quale di questi pensi di essere portata maggiormente?
Ho dedicato tutta la vita a migliorarmi costantemente, superando talvolta limiti che mi ero autoimposta. Sono riuscita a spaziare e brillare su più ambiti e questo mi gratifica enormemente.

Sei una ragazza molto impegnata, in diversi settori, ed anche i tuoi hobby (sport, musica) richiedono sempre una presenza vigile e attenta. Sei infatti arbitro certificato, musicista, coreuta e tanto altro. Dove vai e cosa fai quando vuoi staccare del tutto la spina?
Quando riesco a ritagliarmi un po’ di tempo lo investo nella lettura e nei viaggi. Mi fanno sentire libera e allo stesso tempo, attraverso la lettura di molti libri, riesco a catapultarmi in mille altre storie e vivendo numerose vite, mentre quando viaggio mi sento di essere padrona della mia vita e mi sorprendo sempre di trovare posti nuovi e di sentire emozioni nuove che mi suscitano nuovi paesaggi.
La versatilità delle tue esperienze denota che ami metterti in gioco in diversi campi: cosa ti spinge in questo?
Quello che mi spinge a mettermi in gioco in diversi campi, prima di tutto, è la competizione, quella sana, il migliorarmi. La vita è solo una e cerco di impiegare tutto questo tempo della mia vita a vivere più esperienze possibili che possano completarmi.
Numerose sono le tue pubblicazioni e seminari sulla violenza di genere: cosa potremmo fare tutti, nel nostro piccolo, per migliorare le cose?
La violenza di genere, ahimè, è ancora il male del secolo e sono sempre di più i femminicidi a danno di donne per opera di persone che dicevano di amarle, ovvero i compagni, mariti, fidanzati ma anche padri. Quelli che ne fanno sempre le spese sono gli innocenti, donne che hanno costantemente subito, hanno paura di parlare, ma pure quando lo fanno non vengono ascoltate e le loro parole si perdono nel vento. Vediamo famiglie distrutte, mutilate e bambini lasciati orfani da una figura importante e centrale come quella di una madre. Per poter migliorare le cose serve soprattutto informazione, documentarsi, comprendere con quali dinamiche avviene la violenza di genere, dopodiché intervenire e non girarci dall’altra parte.

Sei stata vincitrice di numerosi premi e concorsi letterari: cosa ti piace far emergere nei tuoi scritti?
Mi piace dare risalto alle emozioni passate, ai ricordi a noi tanto cari, dar parola agli affetti che rimembriamo e che mai vorremmo perdere. Molto spesso cito l’amore ma declinato nelle varie sfaccettature, che va dall’amore per il compagno di vita all’affetto amicale, da quello per i parenti a quello per il nostro amico animale e così via, ma ancora di più, parlo della vita, di scene quotidiane e non, di quello che succede in molti angoli del nostro presente, nella quotidianità e di come talvolta, incontrando gente che si intreccia con la nostra vita e incrociando uno sguardo, il nostro vissuto cambia.
Hai collaborato e insegnato in diversi contesti, dalle scuole medie all’Università: quale pensi sia il grado di istruzione che ti coinvolge di più e per quale realtà pensi di essere naturalmente portata?
Avendo avuto esperienze in diversi contesti, devo dire che mi è sempre piaciuto insegnare, a prescindere da quali siano i miei interlocutori. Ovviamente cambia il registro e il mezzo in base a chi abbiamo dinanzi, perché ci sono dinamiche diverse di insegnamento se si parla di una scuola media, di un liceo o di un istituto tecnico professionale fino all’università. Nelle scuole si ha il vincolo di seguire un programma e si ha poco tempo per poter fornire alle menti del domani un qualcosa che noi abbiamo vissuto e vogliamo trasmettere loro: oggi come oggi è difficile avere un rapporto sano e soprattutto comprendere fino in fondo gli alunni se si capita in classi pollaio o si hanno genitori che pensano di saperne di più del docente. All’Università il sistema funziona diversamente, hai possibilità di conoscere meglio gli studenti, il loro vissuto, la loro storia, si stringono anche sane amicizie e si ha modo di potersi confrontare maggiormente.

Nelle tue ricerche e nelle tue attività di insegnamento, grande attenzione riponi nell’inclusività di bambini e adulti con bisogni educativi speciali, spettro dell’autismo, Asperger: pensi che la scuola e la società stiano facendo abbastanza per loro? Qual è il tuo apporto a riguardo?
Attualmente la scuola non sta dando uno spazio adeguato ai bambini e agli adulti con bisogni speciali. Basta già mettere in primo piano la figura del docente di sostegno: in molte scuole risulta essere un docente di seconda categoria, non ha spazio né voce, non si permette di far bene il suo lavoro. La scuola gestisce male questa figura e l’opinione che ne comporta. E’ vero che molti docenti di sostegno, essendo molte volte supplenti senza specializzazione e alle prime armi, vengono lasciati alla deriva senza nessun aiuto da parte di nessuno. Io sono una pedagogista e neuropsicologa clinica e sono del parere che i docenti di sostegno debbano essere soprattutto formati maggiormente.
Sei approdata infine alla Prefettura, al lavoro tanto ambito e ora carico di responsabilità dinanzi all’emergenza Ucraina. Cosa è cambiato nel tuo lavoro?
Lavorare in Prefettura è sempre stato un sogno e finalmente sono riuscita a realizzare ciò, dopo tante variazioni di percorso. Ho dovuto fare un lungo viaggio da Foggia a Reggio Emilia per poterlo realizzare. È un lavoro carico di responsabilità in quanto io mi occupo di immigrazione da quando ho vinto il concorso, però con la guerra tra Ucraina e Russia lo scenario è peggiorato. L’Italia era già oberata dal grande numero di richieste di immigrati per il permesso di soggiorno tra emersione dal lavoro irregolare, ricongiungimenti familiari e cittadinanza e molto altro. Ora con le famiglie ucraine che si stanno spostando in Italia, il numero delle richieste è aumentato e l’emergenza è protratta fino al 31 dicembre 2022. Ogni Prefettura e Questura sta facendo del suo meglio di fronte a questa improvvisa necessità. Spero solo che questa guerra finisca e che tutto possa tornare alla normalità.