Per la rubrica “Straordinariamente normale”, oggi ho avuto il piacere di intervistare la cara Valentina Molinero, attrice, autrice ed insegnante di teatro. Ascoltarla, sentire i suoi racconti è stato un po’ come aprire il sipario sulla sua vita, un’opera di normalità straordinaria.

Valentina ha recitato per tanti anni, in su e in giù per l’Italia,  interpretando protagoniste teatrali tra le più variegate e intense, che in un modo o nell’altro hanno formato il suo animo.

Dopo tanti spettacoli, è arrivata – voluta e desiderata – la maternità. È iniziato lì un altro atto della vita di Valentina, per rimanere in tema teatrale. La sua routine è cambiata, stravolta da un lieto evento che l’ha portata ad una scelta: lasciare il teatro e dedicarsi al suo più grande spettacolo, i suoi bambini. E da questo evento è nato anche un blog “Teatralmente mamma”, uno spazio in cui parlare di quanto la maternità sia un capitolo intenso nella vita di una donna, bellissimo ma complicato. 

Ma la sua passione per il teatro non ha tardato a farsi risentire: Valentina l’ha assecondata, tornandoci però in un altro ruolo, da insegnante, per trasmettere anche agli altri la sua passione e professionalità. Ed ora non lo lascerebbe più quel ruolo che le dà tante soddisfazioni. 

Attrice, autrice, insegnante: in quale ruolo ti vedi di più?

Fino a qualche anno fa ti avrei detto attrice, ma oggi senza dubbio ti dico insegnante. Ho lasciato il teatro per scelta, volevo fermarmi e farmi una vita, ho deciso di insegnare per scommessa ma devo dire che, per quanto non mi senta insegnante (non potrei mai insegnare a scuola), forse è il ruolo a me più congeniale, perlomeno in ambito teatrale. Insegnare teatro vuol dire entrare in un mondo che normalmente i ragazzi o bambini (ma anche gli adulti) tengono nascosto, conoscere il profondo, regalare una via di fuga dal quotidiano, permettere ai propri alunni di diventare qualcun altro anche solo per pochi minuti… pochi lavori hanno questo dono. 

Amo profondamente il teatro e credo che poterlo trasmettere sia un sogno che si realizza ogni volta che entro in un’aula. 

Qual è il ruolo teatrale interpretato che ti è maggiormente rimasto dentro?

Questa è una domanda difficile. Non credo ci sia un ruolo che non mi è rimasto dentro. C’è un pochino di ogni personaggio nella Valentina di oggi: un po’ Giulietta, un po’ Nora della “Casa di bambola”, un pezzettino di ogni spettacolo di avanguardia e tanto tanto Garcia Lorca. Poi ci sono i poeti e i loro versi. Oggi sono un miscuglio di tutto ciò che ho interpretato. 

Qual è, invece, il ruolo che hai sempre voluto interpretare?

Avrei voluto tanto interpretare Lady Macbeth, come ogni attrice credo, ma è quasi impossibile visto che è un’opera che a quanto pare è dannata. La leggenda narra che la prima volta che venne messa in scena, l’attore principale trovò la morte a causa di una tremenda febbre, costringendo lo stesso Shakespeare a sostituirlo in extremis. Nel 1721 uno spettatore dell’opera diede fuoco al teatro. Nel 1849 a New York, il Macbeth, in scena all’Astor Palace, divenne la causa di una disputa tra due produzioni rivali, provocando uno scontro violentissimo, che contò esattamente 22 morti e più di 100 feriti. Tutte queste e altre storie portarono nel 1898 il critico teatrale George Bernard Shaw a scrivere con assoluta certezza di come la grande opera portasse sfortuna e di conseguenza non credo la potrò mai interpretare. 

Dalla tua passione per la scrittura nasce il blog “Teatralmente Mamma”: cosa ti piace scrivere nel tuo spazio privato?

“Teatralmente mamma” è uno spazio nato quando è nato il mio primo figlio, Francesco, un modo per passare il tempo, per scrivere alle mamme e dir loro che è normale sentirsi sbagliate, sconfitte, innamorate pazze, stanche, bravissima e incapaci allo stesso tempo. La maternità è complicata e invece viene descritta sempre come un idillio. Il mio blog voleva essere un modo per far capire che può essere tragedia, commedia o farsa, ma non siamo sole perché è così per tutte. Oggi è un attimo in pausa perchè gli ultimi anni (il covid principalmente) mi hanno tolto un po’ la forza di scrivere, non ero più brillante e ho preferito mettere un punto per ricominciare quando l’ispirazione tornerà. 

Come si nota dal tuo blog, come emerge già dal suo nome, l’essere mamma è molto importante per te: ha aggiunto un valore importante anche per la tua esperienza teatrale?

No, sicuramente no. La maternità, per scelta mia, è stato il motivo per cui mi sono fermata dall’insegnamento. Volevo essere presente nei primi anni di vita di mio figlio e i corsi mi toglievano molto tempo, non avevo nessuno che potesse tenere il bambino e io non mi fidavo di nessuno. Ho scelto di smettere di fare corsi, ho fatto la mamma di Francesco, poi ho ripreso per un anno e poi, tra il covid e il secondo figlio, ho dovuto smettere di nuovo. Oggi la situazione è un po’ ambigua, faccio qualche corso ma devo dire che molti sono andati nulli purché nonostante l’interesse, c’è ancora molta paura. 

I miei figli hanno aggiunto un valore in più a me come donna. 

Nelle tue esperienze teatrali hai girato tantissime città immagino, ma poi sei tornata “a casa”: come mai? Cosa ti mancava?

Mi mancava fermarmi, fare famiglia, inteso come una casa a cui tornare, degli amici da chiamare per un caffè, una passeggiata nei miei luoghi. 

Quando ho dovuto decidere cosa fare della mia vita e del teatro, ho deciso per l’ultimo posto in cui ero stata felice ed era il Sud. Prima ho insegnato nella scuola in cui ero stata alunna a Foggia e poi sono tornata nel mio paese, Lucera, per aprire una scuola tutta mia. Non mi mancava nulla della mia città, anzi forse dovevo disintossicarmi, ma fondamentalmente nessun posto mi fa sentire (a lungo andare) come il mio paese, nonostante i suoi difetti. 

Nel 2009 hai fondato l’Associazione Teatrale “Le Baccanti” a Lucera, dove svolgi corsi di teatro per tutte le età, corsi dizione, superamento della timidezza, scrittura creativa, lettura espressiva e produce spettacoli: quale tra queste categorie è quella che preferisci?

Sicuramente produrre spettacoli sana la mia vena artistica e il mio ego. Amo stare dietro le quinte di uno spettacolo riuscito, amo le prove estenuanti, amo inventare soluzioni ai problemi che si presentano. Ma devo dire che insegnare mi dà più soddisfazioni oggettivamente. 

Come descrivi la tua esperienza di attività teatrale nei reparti pediatrici ospedalieri a Bologna e Rimini?

A questa domanda rispondo con una sola frase, “mi ha rinfrancato l’anima”. È passato tantissimo tempo, ero solo una studentessa universitaria, ma lo rifarei anche domani.